Gérald Lacroix: Sono felice

28 Ottobre 2020
Sono un uomo allegro, è dono di Dio (…), ci viene regalato se amiamo Dio” – ha detto nella Radio Kossuth il cardinale Gérald Lacriox, relatore invitato dal Congresso Eucaristico Internazionale.

La domenica alla Radio Kossuth è continuata la serie in cui possiamo conoscere la vita dei testimoni, dei relatori del Congresso Eucaristico Internazionale. Nel programma „Incontra Gesù dal vivo!” l’ultimo ospite è stato l’arcivescovo di Québec, Gérald Lacroix.

Trovare la casa

Dall’intervista abbiamo saputo che da bambino viveva con sei fratelli, nelle condizioni d’indigenza. Il loro padre ha lavorato da tagliaboschi e per anni poteva tornare dalla famiglia solo in ogni tre settimane. In assenza del capofamiglia sua madre ha gestito non solo sette figli ma anche una fattoria. Sperando una vita migliore, passata insieme, i genitori si sono trasferiti dal Canada a USA, ma Gérard è tornato alla sua terra natale quando aveva 19 anni. Ha lavorato da grafico in una tipografia. In quel periodo ha sentito che voleva aiutare i poveri. Durante i suoi studi ha conosciuto un missionario che da anni lavorava in Colombia e si è unito a lui. Nel dicembre del 1980 Lacoix ha chiesto al suo posto di lavoro sei mesi senza paga e si è messo nel viaggio che gli cambiava la vita.

„… io non volevo essere prete”

„Abitavamo in un quartiere molto povero. Ho iniziato a studiare spagnolo e giravamo nei paesi con un farmacista, per portare aiuto alla gente. È stato lì che il Signore mi aveva invitato a seguirlo. Questo fatto ha sconvolto tutto, prima io non volevo essere prete” – ha ricordato con queste parole il suo primo viaggio in Colombia.
Con il missionario stavano fascendo il piede di un uomo che soffriva di setticemia quando all’improvviso è entrato in casa un uomo giovane sconvolto. Siccome il compagno di Lacroix non ha potuto interrompere la cura, ha mandato Gérard con il padre in ansia per andare alla sua casa.
„La casa è stata in condizioni terribilmente desolati, probabilmente è stato un alloggio provvisorio per loro. Ci è sdraiato un bambino di qualche mese, visibilmente malato. Ho detto al padre: »Andiamo all’ospedale, un medico deve vedere il bambino«. »Ci siamo già stati – ha detto –, ma non vogliono curarlo perché abbiamo debiti verso loro.» Gli ho detto che neanch’io avevo dei soldi ma dobbiamo andare, dobbiame fare qualcosa. Il padre ha dato il suo consenso ma vista la cattiva condizione del bambino insisteva che qualcuno doveva battezzarlo.
Lacroix ha corso per 20 venti minuti per arrivare alla parrocchia più vicina ma il prete non c’era. In quel tempo non esisteva il cellulare, non potevano raggiungerlo. Allora è corso da un altro prete ma anche lui non c’era, è andato in città. Alla fine, vista la situazione straordinaria, con il permesso del segretario del prete e del missionaro ha compiuto lui stesso la cerimonia. Quando il giorno dopo è tornato, la famiglia non c’era. Da allora spera che una volta incontrerà quel bambino. Sebbene di solito vediamo l’arcivescovo di Québec un uomo sorridente, anche lui conosce la tristezza.

Il dono di Dio

„Sono un uomo allegro, è dono di Dio. La gioia profonda non è una condizione artificialmente fatta ma ci viene regalato se amiamo Dio. È così la nostra relazione con il Padre. È rassicurante che non siamo mai soli. La garanzia del Suo amore, è questo che ci rende felici, per questo sorrido. Certo, anch’io conosco la tristezza, soprattutto quando vedo la misera, la sofferenza della gente. E se non posso aiutare.”
Di questo aveva assai sperimentato dopo aver finito gli studi di teologia a Québec. Nel 1990 a capo di un gruppo, da prete ordinato, è andato di nuovo in Colombia. Questa volta per otto anni.
„Il vescovo locale mi ha consegnato una parrocchia in cui da cinque anni non serviva nessuno. Non c’era un prete, tutto è stato abbandonato. Nella regione andina ci sono stati 85 villaggi che servivamo. Ogni tanto ci volevano 18 ore, cavalcando un mulo, per andare da un villaggio all’altro. Non ci sono state strade, potevano attrraversare solo i cavalli e i muli. Non c’era l’elettricità, ne posta, niente. Per 18 mila abitanti avevano due linee telefoniche. La vita è stata dura, ma sono stato molto felice.”

Nella conversazione il cardinale ha parlato di cose interessanti anche al riguardo del servizio all’ombra delle
guerre dei signori della droga colombiani. Ha raccontato anche un suo incontro avvenuto quelche anno fa con papa Benedetto XVI che gli ha domandato: Lei è un uomo felice, vero?” – e lui poteva rispondere di sì.


Fonte: NEK
Foto: Facebook