„Non siano solo i nostri desideri a dirci che cosa è buono per noi”

06 Novembre 2020
Il cardinale Péter Erdő è stato ospite del podcast della Congresso Eucaristica Internazionale, ha parlato della rabbia per le vittime innocenti del terrorismo, di autodifesa, degli effetti dei fake news e della paura sperimentata da bambino.

„Possiamo giustamente considerare martiri i cattolici uccisi nella basilica di Nizza, infatti sono stati uccisi in odio alla fede” – ha detto Péter Erdő nel giorno della commemorazione dei defunti nella sua omelia, mentre la stessa sera a Vienna un uomo armato si aggirava per il centro e sparava colpi di fucile contro i passanti innocenti. Il cardinale-primate è stato ospite del programma podcast del Congresso Eucaristico Internazionale dopo tali eventi, ed ha parlato anche dell’importanza di poter gestire la rabbia che sentiamo per la morte degli innocenti.

La rabbia è un cattivo consigliere

„È comprensibile che la gente senta rabbia quando vede le vittime innocenti. L’ira, sebbene sia uno dei sette vizi capitali, non è di per se un peccato ma un atteggiamento da cui nascono i peccati. Dalla rabbia può nascere la violenza, l’omicidio, la vendetta e tante altre cose con cui non possiamo identificarsi” – ha detto Péter Erdő riguardo al fatto che di nuovo persone innocenti sono divenute vittime di atti terroristici. Il cardinale ha ricordato che l’amore cristiano invece è un impegno per moi verso tutti. Ha aggiunto: „L’insegnamento di Gesù sull’amare i nemici ci mostra che anche quando difendiamo se stessi dobbiamo perseguire con una certa moderazione, ci dice l’insegnamento antico della Chiesa sulla legittima difesa.”

La legittima difesa è una possibilità, qualche volta un dovere

Péter Erdő ha notato che la teologia morale tradizionale elenca i valori – la vita, la salute, i beni indispensabili – che possono essere attaccati e per cui abbiamo diritto di allontanare l’attacco anche con forza. Certamente potremmo domandarsi che cosa significano i beni indispensabili? L’arcivescovo ha spiegato con l’esempio di un suo ex professore di liceo dei Padri Scolopi: è come il cappotto pesante in inverno. Nel 1945 giravano per le strade sguadre speciali che spogliavano le persone, gli hanno puntato la pistola e gli hanno tolto i vesti, chi non stava attento poteva anche congelarsi. Péter Erdő ha aggiunto: „In un attacco terroristico la vita è in pericolo. La legittima difesa è una possibilità, per certe persone è anche un dovere.”

Moderazione e responsabilità

Al riguardo della difesa l’arcivescovo ha messo in rilievo l’esempio di San Giovanni Battista che prima di Gesù annunciò la penitenza. Alla sua chiamata persone di ogni genere arrivarono da lui, tra cui anche soldati che domandarono che cosa dovrebbero fare loro. Non ebbero la risposta: „Buttate via le vostre armi!” San Giovanni battista invece chiese loro di accontentarsi con il loro soldo e non saccheggiare la popolazione indifesa. Esercitino il servizio armato, la difesa della comunità con responsabilità e moderazione.

Piccoli miracoli

„Qualcuno prende cura di noi!” – ha risposto Péter Erdő all’affermazione che la landemia ha fatto riscoprire anche cose belle, nonostante le tante difficoltà. Il cardinale ha raccontato una storia che aveva vissuto come un piccolo miracolo. Un prete in grave stato di salute per il coronavirus gli ha mandato un messaggio, voleva chiamare un sacerdote, In questi casi, per organizzare il servizio, il vescovo si mette in contatto con i cappellani dell’ospedale. Anche se un prete si offre volontario è grande il rischio che si ammali e contagi anche altri. Dopo aver chiamato per telefono la persona competente ha saputo che c’era un prete giovane che era già guarito dalla malattia, e si è offerto di visitare quelli che stanno lottando con il coronavirus e chiamano un sacerdote.

I preti e l’Internet

La prima ondata primaverile della pandemia ha spostato le sante messe in uno spazio on-line. Anche Péter Erdő ha mandato diversi video dalla quaratena. È una soluzione dettata dalla necessità – ha detto riguardo al fatto come ha vissuto questa situazione quando doveva mantenere i contatti con i fedeli in un altro spazio. Secondo l’arcivescovo i social sono possibilità e anche tentazione. Ha notato che c’è chi vuole realizzare uno spettacolo e avere successo personale con il suo esibirsi invece di mettere l’accento alle azioni sacre, ma hanno visto anche esempi buoni che poi hanno raccomandato alle persone che sono guide spirituali. Il cardinale attribuisce grande importanza al fatto che nello spazio on-line appaiano contenuti di qualità. Con l’aiuto di professionisti organizzano una formazione per i sacerdoti per insegnargli come è meglio usare i social media per pubblicare contenuti liturgici. Prima ha dichiarato che il rafforzamento della presenza on-line è un compito importante ma lui stesso, quando desidera ricaricarsi di forza, invece la rete si ritira tra i suoi vecchi libri.

Pandemia prima e ora

Péter Erdő appartiene alla generazione di cui membri già da bambini hanno affrontato una pandemia. „C’è una cosa comune negli eventi di allora e quelli attuali: alla radio hanno sempre annunciato dove non si poteva andare”. Durante le vacanze estive questo ha messo a disagio i bambini perché sono stati desiderosi di andare appunto dove non si poteva andare, alla spiaggia, al cinema. Péter Erdő ha passato la quarantena nel giardino di sua nonna. Ha ricordato che non dimenticano mai la brutta sensazione quando dai vicini, dai parenti hanno sentito di bambini che si erano ammalati e sarebbero costretti a vivere tutto il resto della loro vita da disabili. Si ricorda ancora bene quando nella scuola hanno annunciato che era possibile prevenire la poliomielite con le gocce del vaccino Sabin. Alla domanda se qualche volta sente paura l’arcivescovo ha rievocato dall’infanzia che nella stanza buia credeva spesso che i mobili, i vestiti fossero esseri viveni, strani animali.
„Quando uno non capisce quello che sperimenta, spesso si spaventa” Ma ritiene che la notevole mancanza di fiducia sia problema più grave della paura. Quella sfiducia che nell’ultimo decennio è cresciuta nella gente, prima di tutto verso la comunicazione di massa, a causa dei fake news e delle informazioni contradditorie.

Amore: volere il vero bene delle persone

Durante il dialogo ha parlato anche di come si sono svuotate, discreditate certe espressioni nel linguaggio quiotidiano, espressioni che hanno un importante significato per le comunità cristiane. Péter Erdő ha sottolineato l’amore come termine centrale. Ha preso l’esempio della persona dipendente d’alcool o di droga: quelli che li amano di più non sono le persone che rispondono a tutti i loro desideri mentre li vedono distruggere se stessi. L’arcivescovo ha sottolineato: „Non siano solo i nostri desideri a dirci che cosa è buono per noi”. Dio creò l’uomo e il mondo con i suoi principi che ci mostrano che cosa è per il bene dell’uomo e che cosa è che lo distrugge. Volere il vero bene dell’uomo, questo è l’amore.

Fonte: IEC

Foto: Marcsi Ambrus