
In cammino verso la riconciliazione dell’Iraq

Guerra, strage, distruzione e degrado. In Iraq per molti anni la violenza, la morte, il terrore hanno fatto parte della vita quotidiana. Nel 2003 le forze americane hanno rovesciato il regime di Saddam Hussein. Nel vuoto di potere creatosi dopo la morte del dittatore si sono unite diverse associazioni sunnite famigerate per via delle loro azioni terroristiche ed hanno proclamato lo Stato Islamico dell’Iraq. Col tempo i loro soldati hanno preso parte anche alla guerra civile in corso in Siria, creando un califfato soprattutto nei territori di maggioranza sunnita, ponendosi il nome di Stato Islamico (ISIS). Dagli eserciti disgregati dei paesi della zona si sono uniti tantissimi mercenari alle forze del jihad. Hanno notificato in crudeli messaggi video le esecuzioni capitali al mondo, però per lungo tempo si stava a guardare con fredda indefferenza la strage di masse di sciiti, lo scempio e la mutilazione di donne e bambini. Dalle interviste svolte nella rgioene si è chiarito, che l’ISIS non ha risparmiato nemmeno gli arabi sunniti che desideravano la pace.
Hanno distrutto un patrimonio che non era solo dei cristiani, ma di tutto il mondo
Louis Raphaël Sako è stato nominato in una tale situazione nel gennaio del 2013 arcivescovo di Baghdad e patriarca dei cattolici caldei. Non è esagerato affermare che ha preso il governo della chiesa nel periodo più difficile della storia della chiesa cattolica caldea. Come arcivescovo invita da anni al dialogo tra i diversi gruppi della società, le autorità e il governo.
Anche nel periodo della distruzione causata dallo Stato Islamico l’arcivescovo Sako ha alzato la sua voce in maniera coraggiosa e decisa. Con i suoi appelli scioccanti ha richiamato l’attenzione della comunità cristiana internazionale sugli eventi in corso in Iraq e in Siria. Ha reso noto tra l’altro che le azioni violente delle forze estremistiche sunnite hanno costretto alla fuga la metà della popolazione cattolica dell’Iraq che contava un milione di persone. Centinaia di migliaia di persone hanno anche lasciato Iraq, stipandosi in campi di profughi o cercando di arrivare in Europa nella speranza di una vita sicura.
Louis Raphaël Sako ha detto in una delle sue dichiarazioni:
„Il fondamentalismo islamico intende islamizzare tutti. Per di più è presente anche la corruzione. Ho già detto precedentemente: quelli che vogliono apparire pii o religiosi, forse non hanno nemmeno la fede. La fede per loro non è che una buona scusa per realizzare i loro progetti, e solo per questo parlano di religione.”
L’arcivescovo con le sue dichiarazioni analitiche e di richiesta di aiuto diverse volte si è rivolto al mondo, invitando tutti a sostenere la comunità irachena nella perseveranza. In seguito diversi paesi, tra cui l’Ungheria, ha conferito aiuti finanziari alla chiesa irachena. In Francia, nella città di Lione si è organizzata una sfilata di pace per sostenerli e questo ha destato in loro la speranza.
„I cristiani pacifici ed innocenti vengono perseguitati. Questo è uno scandalo straordinario. Tutto il mondo deve impegnarsi per porre fine a questi atti” – ha dichiarato il patriarca nel periodo delle azioni più sanguinose. „Siamo preoccupati anche per la nostra eredità culturale: a Mosul sono state incendiate e distrutte delle chiese provenienti dal V e dal X secolo. Tutto è finito. Quando una chiesa moderna viene saltata in aria, possiamo costruirne un’altra, ma non possiamo recuperare la nostra eredità storica, perché essa non era solo dei cristiani, non solo dell’Iraq, ma di tutto il mondo. Ognuno deve fare qualcosa invece di stare a vedere in maniera indifferente.”
"Le persone che ci perseguitano non hanno la fede"
L’arcivescovo di Baghdad, in occasione della sua visita in Ungheria nel 2017 ha rilasciato un’intervista al portale Magyar Kurír, in cui ha sottolineato che, pur essendo una comunità perseguitata, è grande il compito delle chiese cristiane nella normalizzazione del paese.
„Anch’io stesso sono andato diverse volte in una località musulmana nei pressi di Mosul, per recare aiuto a quattromila famiglie musulmane. Abbiamo portato loro alimenti, medicine e gli ho detto: siamo cristiani, siamo venuti da Baghdad, da una distanza di 400 chilometri, perché stavamo con loro, eravamo fratelli e non eravamo infedeli. Gli infedeli erano coloro che ci perseguitavano e che avevano fatto del male anche a loro. È importante far vedere che noialtri cristiani siamo buoni e pacifici. Non dobbiamo avere paura: quando parliamo della verità, dobbiamo dare forte testimonianza della nostra fede e allora anche gli altri si rivolgeranno a noi con rispetto. I musulmani moderati a volte fanno sentire la loro voce, ma anche loro hanno paura, sono pochi quelli che osano parlare ad alta voce. Eppure il mondo musulmano deve rispondere a questa sfida, loro hanno un futuro solamente se svolgono un dialogo con gli altri. L’altra questione assai importante per l’islam è se riesce ad aggiornarsi. I messaggi religiosi devono parlare all’uomo contemporaneo. Loro devono intendere i testi in modo nuovo, come lo facciamo anche noialtri cristiani. Ai tempi di Maometto vi erano molte difficoltà e guerre, regnava un’altra mentalità. Da allora sono passati 1400 anni, il mondo è cambiato, i mezzi di comunicazione lo hanno reso simile ad un piccolo villaggio. Conviene lavorare molto per questo cambiamento e purtroppo io vedo che l’Occidente li sta piuttosto sfruttando e non li aiuta ad evolversi.”
Anche Roma ha risposto alla richiesta di aiuto: papa Francesco nel 2018 ha nominato cardinale l’arcivescovo Sako. Ciò è un messaggio all’Iraq ed alle gente che lì vive. Il patriarca racconta che lo hanno congratulato per la nomina parimente musulmani e cristiani. Lui sente che questo gesto esprime un sostegno da parte della chiesa universale e della Santa Sede, per poter proseguire il cammino verso la riconciliazione dell’Iraq.
Unendo le forze armate internazionali, le città ed i villaggi iracheni e siriani occupati dallo Stato Islamico sono stati rioccupati, e le ultime forze combattenti dell’organizzazione terroristica si sono ritirate nei deserti della Siria.
Portare speranza della disperazione
In Iraq ora tacciono le armi. Con la cooperazione di numerosi paesi, tra cui l’Ungheria, è in corso, anche se lentamente, la ricostruzione del paese. Le distruzioni degli anni passati hanno toccato innanzitutto le parti dell’Iraq abitate da sciiti e da cristiani. Nei territori tra Erbil e Mosul vivevano innanzitutto queste due comunità, e lo Stato Islamico qui ha annientato tutto. Ha cacciato via ed ammazzato la gente, quelli che non erano capaci si fuggire, erano esposti al continuo molestamento da parte delle forze armate. A Mosul diversi capi di famiglia hanno raccontato che per due anni non hanno lasciato i figli e la moglie uscire per strada, temendo che sarebbero stati rapiti. L’ISIS raccoglieva sistematicamente i ragazzi di sei-sette anni, per addestrarli a diventare guerrieri suicidi. La guerra ha causato moltissime vittime, non solo i morti… Sono milioni le persone spiritualmente scosse, disperate che sono stati testimoni delle sanguinose stragi… Quelli che hanno sopravvisuto al terrore degli anni passati, guardano con diffidenza le autorità statali, siccome i governi iracheni non erano stati capaci di proteggerli. Loro sono in cerca i appoggio e di speranza. Louis Raphaël Sako e la comunità cristiana lavora moltissimo, perché la gente possa ritornare alle proprie dimore ricostruite e possa ricominciare una vita diversa, pacifica.
L’arcivescovo di Baghdad sarà l’ospite del Congresso Eucaristico Internazionale.
Fonte: CEI
